All’Italia, all’Europa, serve uno shock, uno shock federalista, perché l’assetto istituzionale che può assicurare la massima sovranità possibile al cittadino e la tutela dei suoi diritti individuali è proprio quello federale.

Possiamo oggi riassumere questa riforma nell’obiettivo degli “Stati Uniti d’Europa”. L’unico livello istituzionale, quello europeo, in grado di giocare una partita di democrazia, diritti, libertà e competitività nello scenario globale.

La realizzazione di questo progetto porta con sé, però, responsabilità e doveri verso l’intera società umana nella costruzione di una federazione democratica mondiale, obiettivo ultimo e più ambizioso. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea afferma che: “il godimento di (…) diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri, come pure della comunità umana (…)

Nessun Paese da solo è in grado di fronteggiare sfide quali le grandi crisi finanziarie, le migrazioni, il mutamento climatico o il terrorismo internazionale. Oggi sono gli Stati nazionali a fallire, così come, in più occasioni, ha fallito e fallisce un’idea d’Europa ripiegata su quella delle piccole patrie e dei trattati intergovernativi, sulle reazioni nazionali che altro non sono che illusioni nazionaliste.

Un’Europa federale accrescerebbe la sovranità dei cittadini sulle politiche pubbliche europee e quindi sulle dinamiche transnazionali. Un’Unione del genere è la sola capace, nelle principali competenze federali, di esprimere finalmente una voce unitaria, che parli nell’interesse di tutti, un’Unione che condivida i rischi – sociali, economici, etc – per affrontarli insieme.

Il federalismo si oppone alla concentrazione del potere politico, poiché ciò rappresenta il maggior pericolo per la libertà dei cittadini favorendo degenerazioni autoritarie dei sistemi istituzionali. Il potere federale è un potere diffuso nello spazio, fisico e politico. Ciò garantisce l’equilibrio necessario alla tutela dei diritti e del Diritto. L’assetto federale con la separazione e l’equilibrio dei poteri è elemento essenziale di uno Stato liberale.

Il federalismo è alternativo al principio della ristretta e illusoria sovranità nazionale. L’idea che i popoli si organizzino in Stati nazionali sovrani che dividono e delimitano lo spazio fisico in organizzazioni politiche tra loro completamente separate sul piano giuridico, politico e sociale, rappresenta, con le sue degenerazioni etno-nazionaliste, tutto ciò a cui il pensiero e la pratica federalista si oppone.

Una delle maggiori fonti di tensione politica che oggi agita l’Occidente riguarda la tensione tra le politiche dell’ “apertura” e quelle della “chiusura” del confine sia per le persone sia per le merci. In questa tensione “apertura-chiusura” si giocano le sorti del futuro politico dell’Europa e infine anche la stabilità globale.

La nostra idea di federalismo vuole superare la rigidità di uno spazio politico ristretto. In questo senso rifiutiamo una concezione del federalismo che si divida tra uno spazio interno ed uno esterno alle singole realtà statuali. Questa logica tende ad ascrivere il federalismo dentro una concezione classica dello Stato. In questo senso il tema del federalismo europeo e quello locale/municipale, non possono essere considerati separatamente.  Essi piuttosto rappresentano elementi dello stesso progetto politico.

In questa prospettiva, in un’Unione Europea che prosegua e completi il suo avviato percorso di federalizzazione va introdotto un senato federale, rappresentativo degli Stati, ma anche delle aree metropolitane e delle Regioni, tutte dotate di diritto di voto.

L’unità politica dell’Europa crediamo si debba realizzare anche nel rispetto delle diversità tra le comunità territoriali mediante la promozione di ampie ed equilibrate autonomie. L’unità nelle differenze e la diffusione bilanciata del potere tra tutti i livelli istituzionali sono elementi di quell’unitario progetto politico che perseguiamo. Le città nella loro dimensione transnazionale sono sempre più centro e motore di cambiamento e per questo necessitano di adeguate risorse proprie e funzioni esclusive di governo, per promuoverne gli sviluppi positivi offerti da questa loro specifica dimensione.

Il federalismo al suo livello locale, comunale, cittadino, garantisce all’individuo la possibilità di affermare la propria sovranità ai livelli istituzionali a lui più vicini e di avere, di conseguenza, un maggiore controllo della qualità dell’azione amministrativa sperimentandone direttamente gli effetti.

In Italia, in particolare, vi è una sproporzione tra i poteri, ancora ridotti, delle istituzioni locali, in primis delle città, e l’importante peso sociale, economico ed ecologico di queste realtà urbane sulla qualità della vita della popolazione.

Si tratta di assicurare forme pronunciate di autonomia d’entrata, impositiva, e amministrativa ai Comuni e/o alle città metropolitane per attuare un federalismo che sia competitivo – tra le realtà federate – e nello stesso tempo responsabile e solidale.

La popolazione urbana supererà probabilmente l’80% entro il 2050.

Le città, soprattutto quelle metropolitane, hanno assunto un rilievo sovranazionale, una capacità di creare reti di rapporti istituzionali e di proiettarsi su scenari globali, ma devono avere strumenti di effettiva governance che oggi in Italia non hanno e che invece consentirebbero di partecipare allo sviluppo sociale ed economico dell’UE e per europeizzarsi. Giorgio La Pira, celebre sindaco di Firenze, disse già nel 1967 che occorre “unire le città per unire le nazioni”; noi aggiungiamo: “per unire l’Europa”.

Le Città metropolitane, costituite in Italia quattro anni fa e subito abbandonate e private di un finanziamento minimo vitale, dovrebbero invece godere di una legittimazione democratica con l’elezione diretta del sindaco; avere la possibilità di esercitare un complesso di funzioni strategiche, separate rispetto a Regioni e Comuni; disporre di capacità di bilancio adeguate e sufficiente autonomia. Serve inoltre una devoluzione di funzioni dalle Regioni alle città.

È sufficiente vedere come, a mo’ di esempio, per il Comune di Milano le entrate tributarie proprie nel 2016 sono state pari al 47% delle entrate totali e hanno coperto meno della metà delle spese correnti. Le spese di funzionamento della Città metropolitana – ex provincia MI – sono coperte invece per il 60% da entrate tributarie proprie, ma il peso del bilancio della Città metropolitana rispetto all’aggregato dei bilanci dei Comuni del perimetro è solo tra il 7 e il 10%. Se aggiungiamo che da tutte le entrate da imposte in Italia, i Comuni incassano solo il 6%, il cerchio si chiude.

L’articolo 119, comma 1, della Costituzione dispone dal 2001 che: “I comuni (..), le città metropolitane (..) hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa”, un’autonomia rimasta però sulla carta.

Ciò che serve è insomma quanto la Costituzione, del tutto inapplicata, prevede da 17 anni: l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa per Città metropolitane e Comuni, che consenta loro di essere finalmente responsabilizzati, potendo utilizzare come ritengono parte delle tasse dei residenti e spenderle per gli stessi, i quali si troverebbero in questo modo nella condizione di poter valutare l’operato dell’amministrazione comunale. In Italia non vi è corrispondenza tra responsabilità della spesa e responsabilità del suo finanziamento, che è invece il nostro obiettivo. Noi siamo, al netto dei fondi perequativi, per un’autodeterminazione finanziaria per Comuni e Città metropolitane.

Il federalismo locale deve porre in competizione le amministrazioni territoriali pur prevedendo, come in tutti i sistemi federali, quote di riequilibrio a favore delle aree in maggiore difficoltà e ambiti di azione condivisi. Ci deve essere, inoltre, un forte rapporto tra la capacità di entrata e quella di spesa per evitare spreco perenne di risorse.

“sarebbe inconcepibile un’Europa democratica e federata, se non vi fosse l’articolazione di una vita municipale autonoma, tanto più sinceramente federale quanto più intimamente autonoma. L’autonomia che si rivendica deriva dal senso di libertà che è coscienza dei propri diritti e dei propri doveri, che è autolimitazione disciplinata e senso di responsabilità.  Solo attraverso le autonomie locali si prepara una vita nazionale sempre più viva e coerente e una coesione internazionale sempre più effettiva e sentita. Perché dal centro alla periferia come dalla periferia al centro circolano i valori morali che si esprimono politicamente e socialmente come libertà e organicità, volere e responsabilità, personalità e collettività” (Don Luigi Sturzo)

La federazione europea non si proponeva di colorare in questo o quel modo un potere esistente. Era la sobria proposta di creare un potere democratico europeo“(Altiero Spinelli)

L’Europa non è “solo” una soluzione. È “la” soluzione, una scelta obbligata. A patto che siano gli Stati Uniti d’Europa. (…) La patria europea e non l’Europa delle patrie, come purtroppo la conosciamo” (Marco Pannella)

“Il Comune è la sola associazione che sia così naturale, che, ovunque sono uomini riuniti, si forma un Comune. […] Proprio nel Comune risiede la forza dei popoli liberi” (Tocqueville)

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