SHOCK democratico
La democrazia è strettamente legata al federalismo. Gli Stati Uniti d’Europa a cui aspiriamo non possono che fare del sistema democratico la bussola orientativa per la creazione della propria ingegneria istituzionale. La diffusione, l’inclusione e l’equa distribuzione del potere politico non devono solo riguardare l’Europa, il territorio e le istituzioni nazionali e locali, ma anche il cittadino. Assicurare la sovranità al cittadino in ambito locale e globale deve essere l’obiettivo di fondo dell’azione politica di +Europa.
Ricordare oggi questo aspetto è tutt’altro che secondario data la preoccupante recessione della democrazia nel mondo: nel 2017 meno del 5% della popolazione globale viveva in un contesto pienamente democratico e su 167 nazioni prese a campione ben 69 sono risultate in regresso rispetto all’anno precedente. Inoltre, se il ricorso alle elezioni resta indubitabilmente elevato, altri elementi primari della democrazia, come la libertà di espressione, la libertà di informazione e il principio di legalità, in molti Stati dell’Europa occidentale e delle Americhe sono tornati ai livelli di 40 anni addietro.
Il potenziamento degli istituti di democrazia diretta e partecipativa ad ogni livello istituzionale, dai piccoli comuni fino all’Unione Europea, rappresenta dunque un obiettivo essenziale per un soggetto politico che si oppone alle degenerazioni autoritarie che in questi anni stanno sorgendo in tutti gli Stati membri attraverso l’agire degli attori sovranisti: demagoghi, etno-separatisti e neo-nazionalisti.
Naturalmente, si tratta di rendere efficaci strumenti che affianchino la democrazia rappresentativa, non che la sostituiscano mettendo in contrapposizione permanente istituzioni e popolo.
La promozione a livello comunale, di città metropolitane, nazionale e sovranazionale di distinti strumenti di partecipazione democratica (dalla proposta di iniziativa popolare al referendum, dalle petizioni, alle nuove forme di democrazia deliberativa) idonei alle sfide del mondo contemporaneo rappresenta una via importante per uno shock democratico, partendo dall’ambito istituzionale più prossimo al cittadino.
Affinché tali mezzi possano essere realmente efficaci, è necessario che in Italia il ricorso a forme di democrazia partecipativa non sia lasciato solo a organizzazioni che dispongano di fondi consistenti e reti di amministratori autenticatori e che si possano mettere a disposizione del cittadino tutte le informazioni necessarie per poter decidere.
Se facciamo nostro il motto di Luigi Einaudi “conoscere per deliberare”, è fondamentale che a garantire i mezzi della conoscenza siano proprio quegli attori politici che spesso ne rifuggono. Per noi democrazia, infatti, significa anche accountability e capacità cognitiva del cittadino, il quale deve essere messo nelle condizioni di distinguere i fatti dalle opinioni, la realtà dalla percezione.
La semplificazione e la digitalizzazione delle procedure di sottoscrizione e vidimazione dei quesiti referendari e degli altri strumenti di democrazia partecipativa, sia a livello locale sia sul piano nazionale che europeo, sono indispensabili per rendere effettivo il diritto del cittadino, tra un passaggio elettorale e l’altro, a partecipare, decidere e controllare l’attività dei rappresentanti eletti.
È necessario intervenire anche sulla praticabilità della democrazia rappresentativa modificando le modalità di raccolta firme per scongiurare arbitrarie esclusioni di movimenti politici così come, di nuovo, avvenuto nelle recenti elezioni nazionali e regionali italiane.
È altresì necessario sventare ogni tentativo di introdurre il principio del vincolo di mandato per i rappresentanti eletti al fine di evitare di assoggettarli completamente ai partiti.
È infine necessario prevedere informazione politica paritetica tra partiti e non proporzionale ai risultati elettorali, come promuovere la presenza sul mercato dell’informazione di editori puri limitando le concentrazioni proprietarie e i conflitti d’interesse tra finanza e informazione.
La trasparenza e la conoscenza dei dati e delle informazioni dell’attività delle pubbliche amministrazioni, comprese le valutazioni e le misurazioni della qualità dei servizi pubblici erogati, rappresentano un prerequisito per l’esercizio della democrazia, sia essa diretta che rappresentativa.
Tali scopi devono affiancarsi ad un recupero di legittimità della democrazia rappresentativa che vede gradualmente svuotate le sue funzioni. Responsabilità, sommata alle già citate trasparenza e conoscenza sono le qualità che l’attore politico deve poter offrire ai propri concittadini per essere un buon rappresentante. Per fare questo la scelta della persona deve essere al centro dei sistemi elettorali.
La Costituzione italiana all’art. 1 comma 2 recita “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Il Trattato di Lisbona all’art. 10 comma 1 afferma “Il funzionamento dell’Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa”.
La forma di governo democratico rappresentativa, nata dal pensiero liberale al quale ci ispiriamo, non può essere sostituita da simulacri che si vanno materializzando all’interno della stessa Unione Europea o da sistemi alternativi che ne mutilerebbero o peggio soffocherebbero i principi fondanti. La democrazia liberale fondata sulla rappresentanza è la sola forma di governo capace di garantire i diritti delle minoranze e salvaguardare al medesimo tempo la legittimità della maggioranza a governare, è l’unica a tutelare la convivenza tra interessi divergenti.
E poiché l’assetto istituzionale europeo è ancora in buona parte da costruire, data la mancata integrazione politica, siamo convinti che un modello elettorale uninominale e uniformato per l’intero territorio dell’UE, finalizzato a sostenere un sistema di governo che coniughi al meglio consenso e governabilità come quello semi-presidenziale, possa garantire un recupero di qualità e di credibilità della classe politica. Solo la scelta del “uomo politico” consentirà di ristabilire la fiducia e la legittimità verso le istituzioni e le persone che ve ne fanno parte.
Gli Stati Uniti d’Europa che vogliamo edificare in un ordinamento democratico e federale prevedono il Trattato di Lisbona tramutato in Carta fondamentale del diritto europeo, affiancata da una Corte di giustizia convertita in Corte costituzionale europea.
Per ciò che concerne invece l’architettura istituzionale, proponiamo il superamento dell’attuale modello per favorire e approdare a un sistema di bicameralismo imperfetto formato da una camera bassa, detta dei Rappresentanti, rappresentativa dei cittadini europei ed eletta attraverso circoscrizioni interstatali con candidati e liste transnazionali, e da una Camera alta, detta Senato federale, rappresentativa dei singoli Stati membri e comprensiva di seggi assegnati alle aree metropolitane e alle regioni avanzate, così come, senza diritto di voto, alle democrazie del pianeta. Entrambe le Camere dovrebbero essere elette direttamente dal popolo.
Ambiamo inoltre a un’organizzazione dello Stato federale europeo organizzato in base al principio di divisione e separazione dei poteri, reali anticorpi alle varie forme di autoritarismo e totalitarismo. Tutto ciò da concretizzare mediante il rafforzamento degli organismi di garanzia già esistenti e delle agenzie indipendenti.
Europa in Comune significa anche sapere declinare e applicare l’elemento democratico ai vari livelli del potere politico, da quello locale a quello sovranazionale. Se nei comuni e nelle regioni ciò vuole dire soprattutto rafforzamento degli strumenti di democrazia partecipativa, si pensi innanzitutto ai referendum propositivi, abrogativi e confermativi, ma anche alla misurazione e valutazione della qualità dei servizi, a livello nazionale questo obiettivo si concretizza con la digitalizzazione degli strumenti di partecipazione e di trasparenza, a livello europeo in uno shock democratico verso un assetto politico ben definito del futuro Stato europeo, ovvero di uno spazio politico in divenire, sia in termini di rappresentanza sia in termini di partecipazione.